ITINERARI NEL PARCO NAZIONALE DEL GRAN SASSO E MONTI DELLA LAGA: "TERRA
DELLA BARONIA"
Campo Imperatore, potrebbe benissimo essere Tibet: ricorda la pianura
sconfinata di Phari Dzong, a 4200 metri, sulla via tra l’India e Lhasa”. Le
parole di Fosco Maraini, orientalista e alpinista fiorentino che visitò per la
prima volta il Gran Sasso alla fine degli anni Trenta, introducono nel modo
migliore alla vastità di Campo Imperatore, il più esteso altopiano
dell’Appennino, che si allunga ai piedi delle vette più orientali del Gran
Sasso.
Sul pianoro, indicato in passato come Campo Radduro o Campradore, hanno
pascolato per secoli, in estate, centinaia di migliaia di pecore. E’ il valore
di queste sconfinate distese erbose a spiegare perchÈ altri fiorentini famosi –
la famiglia dei Medici, che basava la sua ricchezza sulla lavorazione della lana
– abbiano acquisito nel 1579 terre e feudi al margine meridionale
dell’altopiano. A Santo Stefano di Sessanio, uno dei più perfetti borghi
medievali del Parco, lo stemma della Firenze medicea accoglie ancora oggi il
visitatore.
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Sono stati dei signori locali, i baroni di Carapelle Calvisio, a dare invece il
nome al distretto del Parco che include Campo Imperatore e i brulli pendii che
salgono verso l’altopiano dalla conca aquilana e dalla Piana di Navelli. Sorgono
in questa zona, oltre a Santo Stefano di Sessanio, i recinti fortificati
(“ricetti”) di Barisciano, Castel del Monte, Castelvecchio Calvisio e San Pio
delle Camere.
Castel del Monte, porta dell’altopiano per chi arriva dalla Piana di Navelli,
ospita alcune belle chiese e il “Circuito Culturale”, un museo diffuso dedicato
alla storia e ai mestieri tradizionali. Calascio, che si affaccia sulla Piana di
Navelli e il Sirente, conserva la parrocchiale di San Nicola e il convento di
Santa Maria delle Grazie. A metà strada tra i due paesi, la Piana di San Marco
separa il centro italico fortificato di Colle della Battaglia da un abitato
medievale riportato alla luce da poco.
Simbolo di questo settore del Parco, oltre a Campo Imperatore, è però Rocca
Calascio, uno dei castelli più fotografati d’Italia. Fondata intorno al Mille,
appartenuta agli Acclozemora, ai Piccolomini e ai Medici ed è stata arricchita
alla fine del Cinquecento con le quattro torri cilindriche che la rendono
riconoscibile da decine di chilometri di distanza. Il borgo ai piedi del
castello è in restauro. Lo sguardo, da qui, raggiunge il Corno Grande e la
Majella.
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Spesso diventano percorsi anche a cavallo, in mountain-bike o sugli sci da fondo
(gli anelli della parte orientale di Campo Imperatore sono tra i più
spettacolari d’Italia), questo settore del Gran Sasso offre agli escursionisti
itinerari di lunghezza e di impegno variabile, ma uniti dall’ambiente solenne e
a volte francamente severo.
Che si scelgano le brevi passeggiate nel Vallone della Fornaca, verso i ruderi
della grancia cistercense di Santa Maria in Monte o Rocca Calascio, oppure le
ripide e faticose sgambate verso le rocciose e solitarie vette del Monte Camicia
e del Monte Prena, i pascoli e le pietraie di Campradore offrono agli
escursionisti un’atmosfera inconfondibile.